Francesca Baboni – Alle radici dell’essere

Francesca Baboni – Alle radici dell’essere

Francesca Baboni

Alle radici dell’essere

Colui al quale la natura comincia a svelare il suo segreto manifesto,
sente irresistibile nostalgia per la più degna interprete di essa, l’arte.

W. Goethe

Intervista col vuoto: Londra. 1984/5, 1986, 1989, 1991. Materiali usati: un diapason, tessuto di bisso con imprint naturale,  scatola con 44 note su una descrizione “altra” dell’universo , 480 kg di caolino, coperta, oggetti seppelliti nella polvere, ampolle chimiche, ossa, sestante, calice di vetro, chiave da fontaniere, peso di cinque libbre, una bacchetta da direttore d’orchestra, lettera H su ferro smaltato, registratore a bobine, telone da camion in juta, ceneri, olio (unguento), stagno, pastiglie di iodina, penicillina, topografia della mascella superiore, 12 cucchiai d’argento, 4 segni della casta del bronzo, pece densa, frammento di mappa astrale (Tiscali), polvere d’ossa animale, cipolle, ossido di cobalto, sei piastre di titanio, alluminio liquido, strumenti da ricognizione astronomica, film astrografico, linea a piombo, merkhet (strumento zenitale per l’osservazione della volta celeste), vescica di maiale, frammento di pelle umana, olio, sale, acqua dalle sorgenti sulfuree dei sotterranei di Londra, quaglio (stomaco d’agnello secco), registrazione sonora de “su tunchiu” sugli altopiani oltre il paese di Buddusò di notte, elettrodi, acqua distillata, miele della mosca di San Giovanni, mercurio.

Durante gli anni ’70, la Body art – che attualmente prosegue la sua ricerca attraverso l’opera di giovani performers quali tra gli altri Blue NosesVanessa Beecroft o Ross Sinclair – tendeva, con il solo utilizzo del corpo usato come mezzo espressivo e tela sulla quale agire, a sbloccare le forze dell’inconscio attraverso il conflitto dei sensi e la drammatizzazione isterica.   Paolo Navale, già negli anni ’70 in forma embrionale (performance Arcadia del 1974 ) e successivamente negli ’80 come idea compiuta in Intervista col vuoto, ripropone l’utilizzo del corpo per andare oltre la corporeità, con una finalità che investe il connubio tra arte e scienza, indagate attraverso la spiritualità. Mettendo in scena gli antichi rituali dell’Argia e legandosi profondamente alla sua terra, Navale riporta in vita l’aura di una religiosità arcana e primordiale, fondendo l’atavico al primitivo,  la magia suggestiva dei riti iniziatici propri dell’isola al mistero dei rituali mediterranei “di risurrezione”, coniugando la teatralità della body art al mistero cosmico. Attraverso le azioni di un solo personaggio–performer  l’Artista stesso – con una formula che già nel ’57 venne definita one man theatre  – simulando l’antico rito, “finge” di cadere in trance dopo la puntura di un insetto (l’Argia), ed inizia ad esprimere concetti facenti parte di una realtà ultima, viva e cosciente –  chiedendosi, attraverso il compimento di un rituale che simula l’incubazione greca e arcaico sardo-mediterranea – dove gli iniziati venivano a conoscenza di stati superiori della coscienza –  cosa sia il vuoto, inteso come perdita cosciente dell’Io in virtù del raggiungimento di uno stato trans – mentale che nelle tradizioni esoteriche va ad indicare il massimo livello energetico di conoscenza.

Di Intervista col vuoto esiste un testo inedito, una sorta di stream of consciousness (flusso di coscienza), registrato durante la performance e poi trascritto dopo la prima versione del 1984/5.
Sono tre le diversificate azioni messe in atto dall’Artista – performer per conseguire l’amplificazione ed il superamento della razionalità intuitiva, simbolicamente bendato dappertutto “tranne che sugli occhi” : nella prima action, il performer mette in atto lo stato di transfert psichico e racconta ciò che vede con uno sguardo non più esteriore ma soltanto interiore, con una consapevolezza intuitiva che trascende il reale. Nella seconda, utilizza una chiave da fontaniere rovesciata per frantumare un calice di vetro – che richiama forse la simbologia alchemica del Sacro Graal – infine, nell’ultima azione, più occulta, con la bacchetta da direttore d’orchestra nella mano destra, compie con la sinistra il gesto di sollevare un peso da 3 libbre, lasciandolo poi cadere sul caolino – elemento estetico – industriale ma non meno simbolico degli altri, sotto al quale si trovano seppellite ossa animali, tavolette, note quantiche e ampolle chimiche –  che a sua volta, sostanza ultraleggera, schizza in particelle finissime fin sulle pareti. Una performance accuratamente preparata con un digiuno di giorni, con un unico nutrimento, su mele de sa musca de Santu jubanne (il miele della mosca di S.Giovanni) e argilla verde, e il sostegno da due assistenti. Luoghi d’ispirazione, siti industriali di Londra (Waste Lands), spazi underground, atti a simulare scenograficamente una miniera di caolino. Paolo Navale ci riporta al genius loci delle sue radici (vedi ad esempio il video Orius) e al tempo stesso a quello di ogni cultura animista preclassica, attraverso un procedimento del tutto mentale e metaforico, che unisce insieme l’elemento spirituale a quello scientifico, in base ai dettami della filosofia della scienza contemporanea.
Come per l’artista sciamano Joseph Beuys – uno dei più significativi personaggi dell’arte mondiale del secondo dopoguerra, al quale ama richiamarsi per l’eclettismo della sua ricerca nei diversi ambiti artistici (installazioni, performance, suoni, fotografia, video-actions, disegni e scultura) e per l’attenzione affine all’esoterismo, all’antroposofia, alla scienza e all’uomo – ci si trova al cospetto di una nuova realtà, che viene a rispecchiarsi come coscienza più vasta del tutto. L’esistenza cioè dell’immaginazione e dell’intuizione, per mezzo delle quali l’arte diventa un fuoco inestinguibile, un tutt’uno con la natura stessa. “ Il connubio tra arte, scienza e spiritualità – afferma Navale – rappresenta il Logos di Eraclito, la realtà ultima che trascende le cose, cioè il Surrazionale. E’ importante dire che le teorie dualistiche sono oggi superate dalla stessa filosofia della scienza che vede nell’ equilibrio degli opposti non la trascendenza ma l’implosione e la morte termica. Mentre invece l’Universo, proprio per la capacità intrinseca di rinnovarsi, risorge ciclicamente. E’ il mito cristico ante-litteram al quale viene assimilato il Surrazionale ”.
Nel momento in cui la mente razionale non reitera più il proprio Io, sebbene il pensiero rimanga sempre vigile, si fa strada la modalità intuitiva. I mistici orientali – scrive il fisico americano Fritjof Capra, a sostegno della sua descrizione dell’Universo – insistono continuamente sul fatto che la realtà ultima non può mai essere oggetto di ragionamento o di conoscenza dimostrabile.   L’esperienza ultima della realtà è di fatto di natura non sensoriale. L’unità di tutte le cose si percepisce attraverso uno stato di coscienza nel quale la singola individualità viene dissolta in un’unità indifferenziata che arriva all’abolizione dell’Io. Il livello che l’Artista definisce Sur-razionale,  dimensione a-dimensionale  che trascende la razionalità senza mai negarla. L’azione “intervistatrice” di Navale fa riferimento a questo processo, pur mantenendosi l’Artista legato all’interno del codice artistico, alla scoperta di quel che c’è aldilà, di nuovi contenuti non solo dell’inconscio ma soprattutto della coscienza.  Il suo pensiero arriva a produrre un flusso energetico continuo, un continuum psichico, che riprende il suo significato proprio dalla teoria della filosofia della scienza e dal superamento dell’Io e dunque dell’osservatore, nella sua dimensione strettamente razionale per arrivare al vero protagonista dell’ azione, il reale approdo mentale, che è il vuoto.
Un vuoto non più inteso come assenza ma come essenza. La fisica moderna ha cambiato completamente e radicalmente il concetto classico del termine “vuoto” così come ha modificato il concetto newtoniano di osservatore. Nelle teorie moderne legate alla scienza dei quanti, quelle a cui si ispira Navale, il vuoto è visto al contrario come entità dinamica di importanza fondamentale. Forma e vuoto non sono più elementi opposti che si contraddicono, al contrario vibrano, pulsano di vita infinitamente sottile, diventano stati d’essere complementari, aspetti coesistenti della medesima realtà viva e cosciente. Il vuoto fisico (quello proprio della teoria dei campi e delle simmetrie dell’elettromagnetismo) non è più “vuoto” in senso stretto ma termine profondamente esistenziale che veicola un “pieno” ricco non solo di particelle ma di eventi ed entità prese in un continuo auto – rigenerarsi, esattamente come inteso dalle filosofie orientali ma anche dalle culture preclassiche e animiste a cui viene comparato come corrispondente il pensiero surrazionale. Un vuoto pulsante e dinamico, realtà e materia viva, magnetismo in continuo movimento e mutamento, radice dell’essere, ritmo che partecipa alla danza cosmica della Natura senza nulla d’arbitrario nemmeno nell’entropia. Nella performance di Paolo Navale, nel momento in cui si raggiunge il vuoto dell’essere, avviene una mutazione. Il particolare entra a far parte dell’universale, del tutto rigenerante. Il glocale è trasceso, legandosi all’armoniosità del cosmo dove lo stesso Caos (secondo le teorie di Mach) arriva a riordinarsi da solo. Paolo Navale supera la sfera cognitiva per arrivare non soltanto all’inconscio nascosto del mondo, al ventre della terra, ma anche all’ anima mundi, terzo valore aggiunto ai due opposti dicotomici. Il trans dell’Artista, il suo andare “oltre”, si nutre fino in fondo della radice primaria e universale della Sardegna, appartenente a fondo al suo territorio, indagata attraverso una ricerca interiore e intellettuale, ontologica e identitaria, ma che non ha nulla di folcloristico. E’ la Natura che svela da sé i suoi segreti misteri a chi è pronto ad accoglierli senza dogma, attraverso percorsi intricati. Ed è compito dell’artista-demiurgo ascoltarla e riuscire a decodificarla.

Francesca Baboni

Settembre 2005


  1. Cfr. PAOLO NAVALE, I codici del sale, 2004, opera inedita.
  2. Cfr. LEA VERGINE, L’arte in trincea, 1996, Skira, p. 199.
  3. Intervista di JENS HOFFMANN ad HARALD SZEEMANN, Ritorno al futuro, in “Flash Art” n. 228, 2001
  4. Le assistenti erano : Jocelina Mosser e Vicky Pember , che lavorava all’epoca nei backstage dei grandi teatri di Londra e di Edinburgo e possedeva diverse bacchette appartenute a direttori d’orchestra conosciuti, tra cui quella usata in tutte le versioni di questa performance.
  5. Secondo Paolo Navale la tesi che la Natura sia dotata di intelligenza e consapevolezza indipendentemente dalla presenza dell’uomo, si rispecchia pienamente nella contemporaneità.   
  6. FRITJOF CAPRA, Il tao della fisica, Adelphi, p. 33
  7. PAOLO NAVALE,  I codici del sale, op. cit.
  8. Secondo Paolo Navale il Surrazionale non sarebbe la ricerca di Dio, ma quella di uno stato creativo interiore. Rivendica che un ateo possa essere ed è dotato di spiritualità ( atea ) e di grazia poetica nonché di profondità intuitiva.
  9.   L’Artista afferma come il Surrazionale sostituisca la prospettiva intesa in senso rinascimentale e come l’unico osservatore per la filosofia della scienza contemporanea sia il vuoto. ( Paolo Navale, Nuoro, 1997, mostra “Quarantesimo parallelo”)